venerdì 27 marzo 2020

LIBRO IN WISHLIST MARZO 2020 – CENTRAL PARK DI GUILLAUME MUSSO




Buongiorno Stelline ^_^
Oggi parliamo di un libro che ho aggiunto alla mia immensa Wishlist sul mio account Amazon (sotto troverete il link diretto a essa) e si tratta di un romanzo di cui ho sentito parlare una delle mie booktuber preferite (Valery Tikappa) in uno dei suoi video e mi ha talmente incuriosito che non ho potuto fare a meno di aggiungere questo romanzo alla lista di quelli che prima o poi, leggerò (non so dove, quando e come ma ce la farò ^_^ ).



TITOLO: Central Park

AUTORE: Guillaume Musso

GENERE: Thriller

PAGINE: 320

EDITORE: Bompiani

DATA DI USCITA: 26 Luglio 2017









New York. Otto del mattino. Alice, una giovane poliziotta di Parigi, e Gabriel, pianista jazz americano, si svegliano ammanettati tra loro su una panchina di Central Park. Non si conoscono e non ricordano nulla del loro incontro. La sera prima Alice era a una festa sugli Champs-Elysées con i suoi amici, mentre Gabriel era in un pub di Dublino a suonare. Impossibile? Eppure... Dopo lo stupore iniziale le domande sono inevitabili: come sono finiti in una situazione simile? Da dove arriva il sangue di cui è macchiata la camicetta di Alice? Perché dalla sua pistola manca un proiettile? Per capire cosa sta succedendo e riannodare i fili delle loro vite, Alice e Gabriel non possono fare altro che agire in coppia. La verità che scopriranno finirà per sconvolgere le loro esistenze.






Copertina flessibile: € 9,00

E-Book: € 6,99












Estratto:
All’inizio il soffio vivace e pungente del vento sul viso.
Il fruscio leggero delle foglie. Il mormorio distante di un ruscello. Il cinguettio discreto degli uccelli. I primi raggi del solo che s’indovinano attraverso il velo delle palpebre ancora chiuse.
Poi lo scricchiolio dei rami. L’odore della terra umida. Quello delle foglie in decomposizione. L’odore penetrante e selvatico del lichene grigio.
Più lontano, un ronzio incerto, onirico, dissonante.
Alice Schafer aprì gli occhi con difficoltà. La luce del giorno nascente la accecava, la rugiada dell’alba le appiccicava i vestiti. Madida di un sudore ghiacciato, batteva i denti. Aveva la gola secca e un forte sapore di cenere in bocca. Le sue articolazioni erano anchilosate, le membra rattrappite, la mente intorpidita. Quando si tirò su, si accorse di essere sdraiata su una ruvida panchina di legno grezzo. E, sbalordita, sentì pesarle addosso il corpo di un uomo massiccio e robusto, raggomitolato contro il suo fianco.
Alice cacciò un grido e il suo cuore prese a battere all’impazzata. Nel tentativo di liberarsi, si piegò in avanti e con lo stesso movimento si alzò. Fu allora che si rese conto che la sua mano destra era ammanettata al polso dello sconosciuto. Provò a indietreggiare, ma l’uomo restò immobile.
Merda!
Il cuore le batteva a mille. Un’occhiata all’orologio: il quadrante del suo vecchio Patek era incrinato, ma il meccanismo continuava a funzionare e il calendario perpetuo indicava: martedì 8 ottobre, ore 8.
Maledizione! Ma dove sono? Si chiese asciugandosi il sudore dal viso con la manica.
Si guardò attorno per valutare la situazione. Si trovava in mezzo a una foresta dorata dall’autunno, un sottobosco fresco e fitto dalla vegetazione più diversa. Un chiarore selvatico e silenzioso filtrava da querce centenarie, folti cespugli e sporgenze di roccia. Nessuno all’orizzonte e, date le circostanze, era senz’altro meglio così.
Alice alzò lo sguardo. La luce era bella, dolce, quasi irreale. Il pulviscolo scintillava attraverso il fogliame di un olmo immenso e fiammeggiante, le cui radici affondavano in un tappeto di foglie umide.
Foresta di Rambouillet? Fontainebleau? Bois de Vincennes? Ipotizzò mentalmente.
Un quadro impressionista da cartolina la cui serenità surreale, accanto a un perfetto sconosciuto.
Prudentemente, Alice si chinò in avanti per meglio distinguerne il volto. Era quello di un uomo tra i trentacinque e i quarant’anni, con i capelli castani arruffati e un velo di barba.
Un cadavere?
S’inginocchiò e gli fece scorrere tre dita sul collo, a sinistra del pomo d’Adamo. La pulsazione che avvertì all’altezza della carotide la rassicurò. Il tipo non era cosciente ma non era morto. Indugiò a osservarlo un istante. Lo conosceva? Un delinquente che aveva sbattuto dentro? Un amico d’infanzia che stentava a riconoscere? No, quei tratti non le dicevano assolutamente nulla.
Alice ricacciò indietro una o due ciocche di capelli che le scendevano sugli occhi, poi si concentrò sulle manette che la tenevano legata a quell’individuo. Erano un modello standard a doppia chiusura utilizzato da moltissimi agenti di polizia o di sicurezza in tutto il mondo. Era addirittura molto probabile che si trattasse delle sue manette. Si frugò nella tasca dei jeans con la speranza di trovarne le chiavi.
Non c’erano. In compenso, avvertì la presenza di una pistola, in fondo alla tasca interna del giubbotto di cuoio. Pesando di stringere il calcio della sua pistola di servizio, provò un certo sollievo. Ma non era la Sig Sauer dei poliziotti della Brigade Criminelle, la famosa Crim. Si trattava di una Glock 22 in polimero di cui ignorava la provenienza. Tentò di controllare il caricatore, ma l’operazione le risultò difficile da compiere con una mano sola. Vi riuscì dopo non poche contorsioni e stando ben attenta a non svegliare lo sconosciuto. Mancava chiaramente una pallottola. Maneggiando l’arma, notò che il calcio era incrostato di sangue secco. Aprì completamente il giubbotto per controllare se anche sulla camicetta ci fossero tracce di sangue.
Cazzo! Che cosa ho fatto?
Si massaggiò le palpebre con la mano libera. Si sentì perforare con la mano libera. Si sentì perforare le tempie da un’emicrania lancinante, come se una morsa invisibile le comprimesse il cranio. Respirò profondamente per tenere a bada la paura e provò a ricomporre i ricordi.
La sera prima era uscita a far bisboccia con tre amiche suglia Champs-Elysees. Aveva bevuto molto, un bicchiere dopo l’altro in giro per cocktail bar: Moonlight, Treizieme Etage, Londonderry… Le quattro amiche si erano lasciate verso mezzanotte. Lei aveva raggiunto da sola il parcheggio sotterraneo di avenue Franklin-Roosevelt per riprendere la macchina, poi…
Il buco nero. Un velo avvolgeva la sua mente. Il cervello macinava a vuoto. La memoria era paralizzata, congelata, bloccata su quell’ultima immagine.
Dai, fa’ uno sforzo, cazzo! Che cosa è successo dopo?
Si rivedeva distintamente pagare il ticket del parcheggio alle casse automatiche, poi fare le scale per scendere al terzo livello. Aveva davvero bevuto troppo. Con passo incerto aveva raggiunto la sua piccola Audi, aveva aperto la portiera, si era seduto al volante e…
Più niente.
Inutile cercare di mettere a fuoco i ricordi. Un muro bianco di mattoni le sbarrava ogni accesso alla memoria. Il vallo di Adriano le impediva la concentrazione, l’intera muraglia cinese vanificava ogni suo tentativo.
Deglutì. Il panico crebbe. Quella foresta, il sangue sulla camicetta, quell’arma non sua… Non erano i soliti postumi di una sbornia qualunque. Il fatto di non riuscire a ricordare come fosse finita in quel posto, le diede a un tratto la certezza di essere stata drogata. Un balordo le aveva sicuramente versato del Ghb nel bicchiere! Era possibilissimo: negli ultimi anni, aveva avuto a che fare con parecchi casi di ragazze drogate e stuprate. Cercò di relegare quell’idea nell’angolo più remoto del cervello e prese a vuotarsi le tasche: il portafogli e la tessera di riconoscimento erano scomparsi. Non aveva pù né documenti d’identità né denaro né cellulare.
Alla paura si aggiunge la disperazione.
[ … ]



Ecco stelline, questo è il libro che ho aggiunto alla lista dei libri che vorrei leggere. Voi lo avete letto? Cosa ne pensate? Mi consigliate la lettura oppure no? Aspetto i vostri commenti!
Vi mando un bacione e alla prossima!


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