Buongiorno Stelline,
Oggi per la rubrica LA BIBLIOTECA DI DANY vi parlo dell'ultimo libro letto e che fa parte del mio "Percorso di Letteratura Inglese", una storia che non mi ha fatto impazzire ma che sono contenta di aver letto perchè mi ha arricchito per lo "studio" della letteratura inglese.
Il libro in questione è UTOPIA di Thomas More.
Titolo: Utopia
Autore: Thomas More
Editore: Feltrinelli
Genere: Classico / Filosofia
Pagine: 158
Tipo: Cartaceo in copertina flessibile
Percorso: Letteratura Inglese
Serie/Saga: Autoconclusivo
Valutazione: ★★★
L'Utopia di Thomas More rappresenta a pieno titolo il prototipo moderno della letteratura utopistica e visionaria. Suddiviso in due parti, il libro è incentrato sul dialogo di More con Raffaele Itlodeo ( "il chiacchierone"). Questi, gran viaggiatore, esordisce con la descrizione a tinte vive dell'Inghilterra dell'epoca. Il fenomeno delle recinzioni, dell'espropriazione delle terre comuni a opera della nobiltà terriera, aveva condotto sul lastrico vaste componenti della società inglese, soprattutto i contadini. Da lì l'aumento vertiginoso della criminalità, dei reati e dei furti. Ma è nella seconda parte che Itlodeo espone la sua ricetta per ovviare al malgoverno appena descritto: la repubblica di Utopia, una società in cui è abolita la proprietà privata e dove l'uso dei bene è concesso solo in base ai bisogni.
Abolendo la proprietà privata viene annullata la ragione prima del furto, dando vita pertanto a una società molto meno violenta. E' altre sì abolito l'uso del denaro, perchè le cose sono soppesate solo in base al loro valore d'uso e non per il loro valore di scambio.
Utopia l'ho letto perchè fa parte del mio percorso di "studio" della letteratura inglese.
Il periodo è quello del Rinascimento, tra Umanesimo e riforma.
Il XVI secolo ( 1501-1600) fu l'inizio esplosivo di tutto: della sua identità nazionale e linguistica, della sua letteratura e della sua potenza politica ed economica, l'inizio anche della sua espansione nel mondo. Il secolo più ricco di eventi cruciali, sociali, economici, politici, religiosi e letterari.
Utopia è il nome dell'isola visitata da Raphael Hylhovs in una località indefinita del Nuovo Mondo. Qui More stabilisce la sede di uno stato ideale dove non esistono proprietà privata, né denaro, né differenza di rango, dove la guerra è sconosciuta e tutti lavorano sei ore al giorno, dove la famiglia condivide beni e figli con la comunità e non c'è posto per l'ambientazione personale o il conflitto politico, né per lo spreco del lusso, né per il privilegio o il sopruso. Qui i desideri privati sono attenuati in nome dell'interesse comune e della convivenza civile. Uniformità e giustizia, sane relazioni sociali e abbassamento dell'aggressività dell'io: queste sono le principali caratteristiche di Utopia.
L'isola di Utopia sembra voler essere la rappresentazione e contrario dell'attuale isola d'Inghilterra, rigidamente divisa da gerarchie sociali, smodamento teatrale, vanagloriosa e pretenziosa, ingiusta e violenta, mal governata dalla folle ingordigia dei potenti.
L'Utopia di More costituisce forse il primo esempio di critica della società contemporanea che adotta come strategia retorica un punto di vista esterno e "razionale" da cui risaltano in filigrana i difetti e le assurdità della storia presente.
Utopia rappresenta per lo stesso More quello che una società ideale dovrebbe essere. Mette in scena il dilemma cruciale dell'umanesimo europeo: può il sapere agire sulla prassi civile? Può il sapiente avere un ruolo nella vita politica del suo paese? In Utopia non c'è soltanto la teorizzazione di uno stato perfetto di tipo comunista e in cui vigesse una piena libertà religiosa, bensì anche una forte critica alla società feudale inglese del tempo.
"Non è forse la pace quanto gli uomini hanno di più importante e di più prezioso?"
Non si sa in quale parte del Nuovo Mondo si trovi Utopia, non si sa in quale mare sia posta l'isola e sarebbe proprio bello approdarvi.
Sono tantissime le parti interessanti e mi è piaciuto il fatto che in Utopia ognuno potesse seguire la religione che più gli piacesse; tranquillamente e serenamente, avanzando le proprie ragioni senza distruggere violentemente le altre senza quindi brutalità o insulti. Inoltre in Utopia i sacerdoti sono molto pochi e scelti con la massima cura: non accade infatti facilmente che uno di loro degeneri nella corruzione e nel vizio. Qui poi, non invocano Dio con alcun nome particolare ma soltanto con quello di Mitra, con la quale parola tutti concordano nel designare l'unica essenza della maestà divina quale che essa sia.
"Ogni nostra azione ha di mira il piacere come suo scopo e felicità: così almeno si pensa in Utopia."
Questo libro è scritto utilizzando la forma dialogica ma combina differenti elementi, quali: la lettera, l'autobiografia, il diario, la satira e il saggio. L'opera è costituita da due sezioni, che vanno a creare una contrapposizione tra il mondo reale, delineato nella prima parte, e il mondo ideale, presentato nella seconda parte.
Sono contenta di aver letto Utopia per il mio percorso di letteratura inglese, non è stato un libro che mi è piaciuto particolarmente, sono più le caratteristiche che non mi sono piaciute che quelle invece che ho amato e direi di partire proprio dagli aspetti che mi sono piaciuti.
Sicuramente mi è piaciuto immaginare un mondo come quello di Utopia, chi non vorrebbe vivere su quell'isola con le sue regole interessanti. Ho trovato la storia sicuramente originale, non scontata, senza grande difficoltà nella lettura del testo ed è sicuramente un classico senza tempo, e quindi non ci sono stereotipi largamente e banalmente condivisi, ma è assolutamente unico nel suo genere. Sta di fatto che non ero completamente dentro alla storia, mi sono estraniata molte volte e la lettura non l'ho trovata particolarmente facile, soprattutto, per il fatto che non ho apprezzato la struttura del libro stesso, in quanto le note di testo sono riportate in fondo al libro e non in ogni singola pagina, dove sono abituata a trovarle negli altri classici che ho letto e che sicuramente facilita il consulto durante la lettura, mentre trovandole alla fine del testo, ho "spezzato" spesso la lettura, distraendomi ulteriormente e ad un certo punto mi sono stancata e non più approfondito con le note in fase di lettura e questo fatto non mi è piaciuto e mi ha reso quindi la comprensione del testo e delle parole più difficile, noioso e poco stimolante. Anche la traduzione del nome dell'autore, in Tommaso Moro quindi italianizzandolo, non mi è piaciuto.
Il racconto è scritto bene, anche se un pochino pesante e sinceramente l'autore non mi ha fatto impazzire, non mi ha trasmesso grandi emozioni; la trama mi ha incuriosito all'inizio ma proseguendo nella lettura il mio interesse è calato notevolmente, non mi ha rapito tanto da avere sempre voglia di leggere, non ho trovato immedesimazione, empatia e il coinvolgimento è stato davvero scarso per me e non mi ha lasciato alcun segno a lettura conclusa.
Concludendo, ho trovato la narrazione mediocre, non mi ha appassionato, anche se l'esposizione dei fatti l'ho trovata abbastanza chiara, in ogni caso, originale anche se un po' troppo illogico e inverosimile, oltreché dispotico. Il mio interesse non è rimasto costante per tutta la lettura e non ero coinvolta, non sono riuscita "a vedere" attraverso le parole dell'autore, mi sono sentita distaccata, e a tratti annoiata ma, sono comunque felice e soddisfatta di averlo letto per l'arricchimento personale nel conoscere sempre di più una delle letterature che più mi affascinano al mondo.
Quindi per quanto riguarda il Sellometro ( nuovo elemento di categorizzazione delle mie letture) il mio giudizio è:
Anche questa recensione dell'ultimo libro letto, Utopia di Thomas More finisce qui. Chi di voi lo ha letto? Lo vorreste leggere? Siete d'accordo con me sul giudizio finale? Aspetto i vostri commenti!
Un bacione e alla prossima
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