Buongiorno Stelline!
Benvenute o Bentornate sul mio
blog! Oggi vi porto la recensione dell'ultimo libro che ho terminato nel mese
di gennaio e che fa parte del mio PERCORSO LETTERATURA ITALIANA e si
tratta del libro DE AMORE
di ANDREA CAPPELLANO.
Un saggio classico che presenta tutte le caratteristiche del genere e in più
arricchisce la mia conoscenza della letteratura italiana che sto studiando dal
mio libro di testo in cui viene nominato appunto questo libro inerente al tema
dell'amore cortese, anche se l'autore non è propriamente italiano ma
francese.
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Titolo: De Amore
Autore: Andrea
Cappellano
Casa editrice: SE Srl
Data
Pubblicazione:
24 GIUGNO 2021
Genere: Saggio
Classico
Pagine: 208
Titolo
originale:
De Amore
Traduzione: Jolanda
Insana
Percorso: LETTERATURA
ITALIANA
Valutazione: 3.70
Con De Amore dalla decadenza del
peccato originale, di cui ultime e vistose tracce sono facilmente reperibili
nella coeva letteratura misogina, si passa ad un nuovo genere di rapporto
dominato dalla figura enigmatica e “tirannica” di Amore. L’uomo riscopre le
radici del bene nel suo rapporto solitario con la donna.
“Soggiacendo alla schiavitù di
venere, l’amante non riesce seriamente a pensare a nient’altro se non a
escogitare con i suoi atti qualcosa per potersi incatenare di più alle catene d’amore:
crede che niente è bello se non piace alla persona amata.”
L’opinione pubblica non era ancora
pronta e nemmeno matura per un tale ribaltamento dei valori comunemente
accettati, ed era quindi necessario che l’amore profano portasse in sé tutte le
stigmate e i segni di riconoscimento dell’amore sacro.
La solitudine delle coppie più
celebri della letteratura “cortese” ( che ho avuto modo di approfondire grazie
ai miei altri percorsi di letterature in cui viene affrontata la “storia
cortese”, soprattutto dopo aver letto i libri di Thomas Malory per la letteratura
inglese e Romanzi Cortesi di Troyes per la letteratura francese), dagli amanti
della tradizione trobadorica ad Abelardo e Eloisa, Tristano e Isotta, Ginevra e
Lancillotto, etc.; è il durissimo scotto pagato per portare alla luce una
società finalmente aperta a quelli che oggi definiremmo i diritti del cuore:
esperienza questa più femminile che maschile, almeno in rapporto alla media
dell’erotismo medievale.
“Fin dal tempo antico quattro sono i
gradi dell’amore: il primo consiste nel dono della speranza, il secondo nell’offerta
del bacio, il terzo nel piacere dell’abbraccio, e il quarto si conclude con l’offerta
di tutta la persona.”
Una volta accettato il principio di
ritirare la delega del potere a chi per secoli ne aveva ricevuto una sia più
legittima investitura, e una volta ingabbiata nella teologia la figura paterna
intervenuta a riscattare il mondo in uno dei momenti più tragici nella storia
della civiltà greco-latina, è ovvio che l’uomo e la donna, nuovi Adamo ed Eva,
fossero costretti a ripiegarsi su se stessi, a cercare in sé l’energia
necessaria a preservare le istituzioni umane dal caos e dal disordine di un
mondo retto dalle sole forze dell’istinto.
L’amore cortese si impone come una
forza assoluta, in quanto, estraneo al vincolo del matrimonio trova
giustificazione in sé stesso, rinuncia a ogni riconoscimento sociale ed è
pronto a sfidare la presenza di un terzo. È lontano da qualunque compromesso
con la normalità quotidiana. Il modello dell’amore cortese molti secoli più
tardi lo ritroviamo nelle forme dell’amore romantico e in tutte quelle
concezioni che legano inestricabilmente amore e morte. Si afferma una nuova
immagine della femminilità: alla donna signora si attribuisce un nuovo valore
superiore, la sua nobiltà si collocava su un piano assoluto; la comunicazione e
il rapporto con lei va al di là del mero possesso fisico e aspira a porsi come
il livello più alto dell’esperienza. L’amore cortese si pone completamente al
di fuori delle regole sociali; situazioni proibite, impossibili, scontrandosi
inoltre con l’ostacolo rappresentato da un terzo. Un trattato di grande
successo, che diffuse la concezione dell’amore come unione di natura superiore,
estranea al matrimonio, fu appunto il DE AMORE, tre libri scritti nella seconda
metà del secolo XII da Andrea Cappellano.
Il De Amore ha tutte le
caratteristiche del saggio, tra cui la peculiarità di sostenere una tesi
iniziale che poi, nel corso della scrittura, è suffragata da una serie di
informazioni, particolari, dettagli, sostanzialmente delle prove che l'autore
ha raccontato dopo un'attenta fase di analisi, di esperienza e di ricerca.
Come ogni saggio che si rispetti,
il De Amore è l'occasione di esprimere un'idea, anzi un'opinione che poi
difende da ipotetico detrattore attraverso le spiegazioni di tutte le prove che
supportano la sua tesi prima espressa.
Confermo che questo saggio o
trattato, come lo si vuol chiamare, sfrutta un tipo di linguaggio molto formale
perché sostiene una tesi di un argomento importante, come l'amore e vuole
convincere della bontà delle idee proposte. La scrittura è pulita e forbita,
chiara e senza troppi giri di parole, diretta e comprensibile. Andrea
Cappellano riporta nel testo un punto di vista molto fresco e soprattutto
personale che può essere condivisibile oppure no, ma sicuramente ha le
argomentazioni necessarie per dimostrare la sua ipotesi iniziale che ha
formulato. Il linguaggio è formale ma si comprende benissimo e ha uno stile impersonale,
argomentativo, in quanto l'autore esprime la sua tesi e la dimostra, appunto,
portando le prove.
De Amore coniuga l’autorità delle
Scritture con la tradizione letteraria latina e cristiana, araba e cortese.
Nonostante il successo, nel medioevo circolava il nome di Gualtieri, che era il
nome del giovane destinatario nominato nel libro; l’autore, Andrea Cappellano,
non era avvolto nel mistero ma piuttosto ridotto appunto nome, titolo, carica o
maschera, e addirittura figura viva d’amore.
Nel De Amore l’autore adotta varie
forme letterarie che vanno di pari passo con il grande artificio retorico del
sofisma, dall'epistola al dialogo, dalla precettistica alla casistica,
fino al romanzo cavalleresco in un vero e proprio romanzo breve, fantastico e
arioso, del cavaliere bretone che, superando molteplici prove, arriva alla
corte di re Artù, conquista il falcone e diffonde leggi d’amore tra tutti gli
amanti del mondo. Non mancano parecchie contraddizioni, reali più che
apparenti, in perfetta sintonia con i tempi e le forze sociali in campo, perché
De Amore è espressione e insieme negazione della sua epoca.
Andrea Cappellano non è un
rivoluzionario e l’amore è privilegio o appannaggio della nobiltà.
Sconvolgente appare la terza parte
del libro in cui si pone come puntigliosa ritrattazione di
quell'amore prima presentato così libero e potente da non temere morte e
nemmeno minacce, nonché delle significative aperture sul piano del costume e
della pratica erotica, c’è una sorta di autocensura, cioè a uno stratagemma di
legittimazione con cui diventa possibile introdurre la carica innovativa,
disinnescandola però mediante la modalità del dire e negare, del velare e
svelare, che fondamentalmente serve a proteggere il nuovo sapere e a farlo
circolare senza incorrere in condanne d’eresia.
La donna rappresenta l’oggetto di
deflagrazione.
Nel primo libro viene trattata la
natura dell'amore, come si presenta e i turbamenti che provoca. Il sentimento
amoroso si configura principalmente come pena. Viene spiegato come corteggiare
una donna appartenente a un ceto sociale superiore, o come invece corteggiare
una di ceto inferiore. Inoltre, si precisa la differenza tra la nobiltà di
sangue e la nobiltà di spirito degli amanti. Infine, si specifica che
atteggiamento debbano assumere gli appartenenti al ceto dei chierici e degli
intellettuali.
Nel secondo libro si trattano le
tecniche rivolte all'accrescimento e alla conservazione dell'amore, in una
dimensione etico-morale prettamente cortese. Ciò vuol dire che l'amore, oltre
che segreto, dev'essere necessariamente extraconiugale. L’amore, quindi,
diventa il terreno privilegiato per far mostra delle proprie virtù
cavalleresche quali il valore, il coraggio, la gentilezza, la generosità e
l'eleganza.
“Soltanto gli uomini di gran cuore,
infatti, meritano di conoscere i segreti delle donne e di conquistarne l’amore.”
Il terzo libro presenta una curiosa
ritrattazione. Il tono del discorso allora cambia, si fa più severo, insiste
sui vizi della donna e l'immortalità del rapporto degli amanti.
Il lessico è ricco, chiaro,
abbastanza semplice e comprensibile, di registro alto, con termini ed
espressioni di senso figurato, dove predominano le sequenze descrittive,
riflessive e il ritmo narrativo è lento. In linea di massima ero dentro nella
maggior parte del testo e complessivamente il libro l'ho trovato in alcune
parti interessante, stimolante, istruttivo, riflessivo; in altre invece un
tantino noioso e pesante ma tutto sommato la lettura l'ho trovata
abbastanza scorrevole e rapida.
Sicuramente non è un autore che mi
ha fatto impazzire, anche se ha un buon modo di scrivere e mi ha fatto provare
condivisione, riflessione, rabbia durante la lettura e questo vuol dire che nel
bene e nel male mi è arrivato a suo modo.
Passando alla mia valutazione e
opinione ci sono stati elementi positivi e negativi in egual misura che mi
hanno fatto riflettere nel corso della lettura e che ora analizzo insieme a voi
in questa mia recensione.
Partiamo dagli aspetti positivi che
ho riscontrato:
1) Si legge velocemente e in modo
piuttosto scorrevole;
2) Mi è piaciuta la struttura del
testo e la divisione in tre libri e anche la nota finale di Jolanda Insana ha
approfondito ciò che ho letto;
3) La storia l'ho trovata
oggettivamente interessante, scritta bene, senza errori di qualsiasi natura, lo
stile è sicuramente curato e una buona scrittura;
4) Non ci sono stravaganze senza
senso e la storia è condotta in modo logico ed è sicuramente originale e ben
strutturata.
5) La narrazione non contiene
stereotipi largamente e banalmente condivisi;
6) La tesi ha generato in me
curiosità e interesse, ma non mi ha rapito completamente;
7) Buona la narrazione, tenuta bene
e che ho trovato chiara e idee buone ed espresse con un ottimo linguaggio.
Gli aspetti negativi per me sono
stati:
1) L'ho trovato troppo ripetitivo,
in una frase ci sono continuamente parole che si ripetono e questo molte volte
l'ho trovato stancante e noioso;
2) In alcune parti ho fatto fatica
a empatizzare e a vivere completamente ciò che l'autore scriveva, mi sono
distratta spesso e sono ritornata altrettanto spesso indietro nelle pagine a
rileggere perché non aveva capito;
3) Ho trovato alcune parti,
concetti, riflessioni e affermazioni sulla donna davvero terribili, esagerati e
molto pesanti;
4) Mi è sembrato un po' tutto
macchinoso e che il vero amore, alla fine, conti veramente poco, ma si punta
solo a chi ne è degno, non a chi ti "ruba" il cuore,
indipendentemente dalla sua ricchezza o povertà (ma forse sono io che ho una
visione troppo romantica dell'argomento);
5) Ogni tanto mi sono persa nel
confronto e paragone tra uomo e donna sull'amore: l'ho trovato pesante e
tantissimi concetti ripetuti più volte e già lette nelle pagine precedenti;
6) Non mi è piaciuto soprattutto
come viene considerata la donna nella terza e ultima parte del trattato: sembra
un po' contraddittorio con quanto detto nelle prime due parti e qui la donna
viene dipinta malissimo e non mi ha fatto sicuramente piacere, anzi, mi ha
fatto un po' arrabbiare (anche se all'epoca fosse normale quella considerazione
della donna). C'è da dire che una piccola parte l'ho condivisa, quando si dice
che le donne sono invidiose e competitive tra loro e che sono felici quando una
di loro ha meno successo dell'altra (anche al giorno d'oggi succede
spessissimo) “Sono anche invidiose, perché sempre la donna si consuma di gelosia per la
bellezza di un’altra donna e perde ogni felicita” e ancora “Difficilmente
succede che una donna lodi la gentilezza o la bellezza di un’altra, e se
succede che la lodi per una cosa, immediatamente aggiungerà parole di
denigrazione per un’altra cosa, che servono ad annullare le lodi di prima”;
7) Un'altra parte con cui non sono
d'accordo è: " quanto all'amore bisogna precisare che non può esserci
amore se non tra persone di sesso diverso. Tra due maschi o tra due femmine
l'amore non ha luogo perché due persone dello stesso sesso non sembrano in
nessun modo adatte a reciproco scambio d'amore o adatti secondo natura: ciò che
la natura nega, l'amore si vergogna di fare". Personalmente ho storto il
naso leggendo quest'affermazione, anche se, ancora una volta, comprendo che
all'epoca era escluso l'amore tra due persone dello stesso sesso. Ancora oggi,
purtroppo, è così per moltissime menti che io definirei contorte e chiuse. Io
penso che l'amore, qualsiasi esso sia, è sempre amore e come tale va
rispettato.
De Amore ha generato in me
curiosità e interesse, ma non mi ha rapito al punto di indurmi a subordinare o
allontanare ogni altra mia lettura per dedicarmi solo a questa, tranne quando
mancavano poche pagine alla fine e quindi mi sono dedicata solo a questo libro
per portarlo a termine e non vedevo l'ora sinceramente.
Ovviamente non affido a questo
libro il posto d'onore tra le mie letture preferite, nessuna lode e non avrò
sicuramente voglia di rileggerlo in futuro ma sono comunque contenta di averlo
letto perché mi ha arricchito nel mio "studio" della letteratura
italiana.
Diciamo che in linea di massima ero
dentro al libro nella maggior parte del testo mentre, in altri punti ero un po’
estranea ma poi mi sono ripresa nella parte finale, pur non condividendo, ho
comunque empatizzato con quanto scritto. Complessivamente il
romanzo mi è sembrato interessante, noioso a tratti, ma abbastanza stimolante e sicuramente istruttivo in
quanto ho imparato tantissime parole nuove. Di
lettura abbastanza facile e scorrevole e di sicuro un'opera che mi ha
fatto riflettere moltissimo. Sicuramente lo consiglio a chi ama i classici e i
saggi per leggere qualcosa in più sul tema dell'amore.
Anche questa recensione del
libro DE AMORE di Andrea Cappellano finisce qui. Chi di voi lo ha già letto?
Cosa ne pensate? Siete d'accordo con me? Vi incuriosisce la lettura di
questo saggio? Fatemi sapere nei commenti qui sotto!
Vi mando un bacione e alla
prossima!
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